COLLEZIONE
BIBLIOGRAFICA
La
biblioteca Gallelli attualmente custodita nel castello, era
inizialmente contenuta nel cinquecentesco palazzo Gallelli di
Badolato borgo. Si è proceduto ad una consistente raccolta
e archiviazione ordinata e sistematica di atti, scritture, e
documenti, custoditi in funzione del loro valore di attestazione
e tutela di un determinato interesse. La collezione bibliografica
Gallelli è dunque composta da testi di varia natura (in
costante aumento); opere relative alle discipline umanistiche:
letteratura, filosofia, religione, diritto, lingue, linguistica,
filologia, semiotica, medicina, giurisprudenza, agricoltura, arti
visive e arti performative, nonché storia, diritto
nobiliare, araldica, e genealogia, motivo per il quale è
considerata patrimonio di interesse storico. In questa pagina,
viene elencato per ovvie ragioni, solo una parte del catalogo
bibliografico dell'archivio Gallelli, che annovera infatti una
delle raccolte di volumi antichi, e di libri rari fra le più
importanti del settore, a partire dal cinquecento. Da
sempre la bibliofilia è propriamente l'amore per i libri.,
ovvero la passione nel leggere e spesso collezionare libri, di
solito ponendo particolare attenzione alla qualità
dell'edizione, per quanto riguarda stampa, formato e materiale
oppure alla rarità. Il bibliofilo è colui che si
dedica alla bibliofilia, e di solito è un lettore
accanito, e può collezionare e raccogliere i libri da lui
amati.
Ammira codici antichi, prime
edizioni, stampe raffinate, manoscritti autografi, carte
speciali, illustrazioni particolari quali silografie e
acqueforti, opere scritte in lingue poco conosciute, condizioni
buone di conservazione, presenze di documenti complementari quali
ritratti e lettere. L'amore per i libri diede origine alle prime
biblioteche private e pubbliche: tra le prime, si ricordano
quelle dei grandi cultori di libri nell'antica Grecia, come
Aristotele, o come il tragediografo Euripide, che si narra avesse
una corposa biblioteca personale ricavata in una grotta, ove si
ritirava per leggere, comporre e ammirare i suoi volumi; in epoca
romana, invece, si annoverarono le celebri figure di bibliofili
di Cicerone e di Attico. Tra le biblioteche pubbliche non è
possibile dimenticare l'immensa Biblioteca di Alessandria,
purtroppo distrutta dalla barbarie umana. Gli ecclesiastici e i
signorotti dell'età di mezzo non disdegnarono la passione
per i libri ornati, eleganti e ben rilegati. L'inglese Richard de
Bury, vissuto intorno al 1300 ed il primo a scrivere un trattato
sulla materia, i duchi di Borgogna, le grandi casate italiane
come quelle dei Visconti, e degli Estensi si distinsero anche per
la produzione di straordinari esemplari di codici miniati
realizzati da importanti artisti. Collezionarono codici, per
quanto potessero, Gerberto di Aurillac, Petrarca, Boccaccio,
Novello Malatesta, Cosimo de' Medici (con gli accademici
neoplatonici come Marsilio Ficino, Poliziano, Pico della
Mirandola, Nicola Cusano ecc.). La riscoperta dei classici spinse
gli umanisti ad effettuare lunghe ricerche all'interno delle
biblioteche monastiche, in quel tempo divenute centri di raccolta
di enormi quantità di libri. Lo stesso Petrarca riscoprì
in queste biblioteche le epistole di Cicerone intitolate Ad
Atticum e svolse, talvolta, l'attività di copista.
L'invenzione della stampa consentì alla bibliofilia di
assumere proporzioni sempre più vaste grazie alla maggiore
diffusione della cultura e alla nascita della figura del
tipografo-editore. Tra i maggiori rappresentanti di questa nuova
categoria si annoverarono in Francia gli Estienne e Aldo Manuzio
in Italia. La bibliofilia da questo momento assunse una nuova
forma, ossia la ricerca del libro raro, dell'edizione
particolare, dell'esemplare stampato da un celebre tipografo. Nel
Cinquecento, durante le guerre religiose avvenne un processo
improvviso ed imprevisto che rifornirà il patrimonio
culturale di molti collezionisti privati, quali Fulvio Orsini e
Robert Bruce Cotton: la dispersione dell'immenso patrimonio
librario contenuto nelle biblioteche monastiche. In senso
opposto, cercarono di collezionare testi e fondare biblioteche
personaggi quali il parigino Guillaume Budé o il
marchigiano Angelo Rocca, o lo stesso Federico Borromeo. Nel
Seicento e nel Settecento alcuni tra i più importanti
statisti, come ad esempio il cardinale Mazarino e il Anne Robert
Jacques Turgot, oltre a personalità dotte come Apostolo
Zeno, divennero noti bibliofili. La Rivoluzione francese ebbe tra
le sue conseguenze la chiusura dei conventi e quindi l'intera
mole del patrimonio culturale conservato in quei luoghi venne
accaparrato da biblioteche pubbliche e da privati. Proprio allora
sorsero i primi cataloghi e i primi repertori di bibliofilia: il
Dictionnaire bibliographique, historique et critique des livres
rares scritto da Charles Pinot Duclos nel 1770 ed il Manuel du
libraire et de l'amateur de livres di Jacques Charles Brunet del
1810. Durante il XIX secolo si diffusero le prime società
di bibliofili e le prime riviste specializzate, valga per esempio
la La Bibliofilia di Firenze inaugurata nel 1898. Tristemente
famoso il caso del matematico fiorentino, conte Guglielmo Libri
Carucci dalla Sommaja, per essere stato, non soltanto un
appassionato bibliofilo (sui generis però, dato che non
esitava a strappar via dai volumi le pagine che più gli
interessavano), ma soprattutto l'autore di un'incredibile
quantità di furti di libri, tale da renderlo,
probabilmente, il più "grande" ladro di libri di
tutti i tempi, nomen omen! Tra gli esempi più commoventi
di bibliofilia incallita vi fu quello manifestato dal conte de la
Bédoyère che nel 1847 mise all'asta la sua
prestigiosa collezione, ma non riuscendo a distaccarsene,
partecipò lui stesso all'asta per ricomprarsela tutta,
perdendo però in tal modo una forte cifra. Le prime
società di bibliofili nacquero in Gran Bretagna durante il
XIX secolo, ed ebbero il merito di diffondere pubblicazioni
inerenti alla materia, nelle quali oltre ad occuparsi di studi
letterari, venne trasmesso l'amore per i libri.
Castello
Gallelli in conclusione custodisce al suo interno una
delle più ricche e preziose biblioteche private regionali,
un patrimonio librario che annovera oltre 14.000 volumi, una
parte consistente dei quali sono edizioni antiche e rare, nonché
il grande
archivio Melitense derivato dalla famiglia Alemanni
(imparentatisi coi Gallelli nel 1903), famiglia infatti ricevuta
nell'ordine di Malta nel 1409 con un Galeazzo, nonché in
parte derivato dalla biblioteca de Salazar (altra nobile casata
imparentata coi Gallelli nel 1936), che venne ricevuta per ben
sei volte nell'ordine di Malta, e diede inoltre all'ordine un
Gran Balì, nella persona di Edoardo Salazar.
La biblioteca Gallelli attualmente custodita nel castello della tenuta di Pietranera, era inizialmente contenuta nel cinquecentesco palazzo Gallelli di Badolato borgo.
Si è proceduto ad una consistente raccolta e archiviazione ordinata e sistematica di atti, scritture, e documenti, custoditi in funzione del loro valore di attestazione e tutela di un determinato interesse.
Un indice di oltre 14.000 volumi, una parte consistente dei quali sono edizioni antiche e rare.
Un patrimonio bibliografico privato tra i più rari in Calabria
La raccolta Gallelli include anche il grande archivio Melitense derivato dalla famiglia Alemanni e de Salazar.